Diario della Formazione 3
Cari compagni ed insegnanti, è proprio vero che le cose puoi spiegarle in modi differenti ma è esattamente vivendole che magicamente acquistano senso. Mi viene in mente quando all’inizio ci veniva chiesto quali fossero gli argomenti che volevamo approfondire. Tra i tanti scrissi dell’interiorità delle persone in particolare delle emozioni. In questo weekend sono stata testimone dell’importanza del gruppo all’interno di questo percorso. Quello a cui ho assistito è stata energia pura e vera che attraversava la stanza, con la capacità di farci vibrare nel profondo. Nella normale quotidianità ho imparato a soffocare costantemente le emozioni, probabilmente come protezione per lasciare uscire il minimo indispensabile. Quello che viviamo quando ci incontriamo comincia a farsi spazio dentro di me, sento che la situazione sta cambiando. Lo vedo nelle situazioni di ogni giorno, in particolare con il rapporto burrascoso con mia madre o nelle situazioni in cui prima credevo non valesse la pena rispondere. Adesso faccio mia la consapevolezza che è un bene esprimersi sempre, anche in maniera negativa, cosa per me assai difficile ,e che un bel “vaffanculo” detto a denti stretti ha il suo valore. A tal proposito non voglio che si pensi che questo percorso faccia uscire il mio lato peggiore, eh. Ma il punto è che sta sciogliendo il guscio in cui soffoco tutto. Questa cosa non mi spaventa affatto, anzi mi fa volare e mi aiuta a sentirmi viva. Il clima di non giudizio di cui parlavamo è senza dubbio fondamento della questione. Alla fine è l’unico luogo dove possiamo esprimerci al meglio in completa trasparenza e adesso comincio a capire perché nella teatroterapia il lavoro sul gruppo è la chiave. Vi racconto un aneddoto divertente sintesi di questo percorso proficuo. Io solitamente quando nelle discussioni familiari, rispetto alle scelte che faccio nella vita, vengo aggredita, mi mantengo composta e rispondo con calma facendo la figura di quella che ha torto. Si parla di una serie di discorsi che vanno avanti da tempo. Ecco il giorno di Pasquacon mio stupore, durante il pranzo ho carburato, quando all’improvviso mi sono alzata ho sbattuto i pugni sul tavolo ed ho esclamato a gran voce davanti a tutti : “Che Pasqua di Merda” poi sono uscita dalla stanza sbattendo la porta. E questa cosa ha lasciato di stucco tutti, me compresa, però finalmente è cominciato ad uscire qualcosa. Al di là della manifestazione poco educata finalmente sono uscite le mie emozioni anche se in questo caso negative. Poi ci sono stati anche altri episodi positivi però ho voluto raccontarvi questo perché resterà nella storia familiare. Ricapitolando auguro a tutti voi di trovare il vostro cambiamento in questo bellissimo viaggio insieme. Un abbraccio!
Nicol
Sono tornata, ancora una volta. Sembra di dover andare a Colico per incontrarmi di nuovo. È un appuntamento sacro. Abbiamo raggiunto l’orto per ricollegarci col sentire e siamo poi andati in atelier e abbiamo posato gli sguardi sulle maschere e sugli specchi. Ci siamo guardati, ci siamo mascherati. Ci vedevamo scambiandoci le maschere. Per me avevo i fianchi larghi e troppe difese e quando abbiamo meditato, sotto la guida di Walter, quei fianchi e quelle difese hanno originato un’immagine bella, terrifica e potente. È stato come vedere chiaramente la forma della mia anima. Io la seguivo da dietro e mentre lei nel bosco si spogliava e si accovacciava nuda sulla terra nuda come lei per respirare insieme, io danzavo attorno a lei giocando fra le forme dei rami degli alberi. Nella restituzione mi sono detta ok, posso dire quello che sono senza temere e Walter mi ha ricordato che si è quel che si è anche se non si dice. Il giorno dopo sono diventata una danzatrice di strada e Francesco mi ha riconosciuta. La danza sta tornando sgomitando dentro al corpo. Quello che mi sto portando a casa, a Bologna, adesso, è Vedi l’anima che incarni e danza, per favore.
Serena
Cari miei insegnanti, compagne e compagni, più andiamo avanti e più andiamo in profondità! Mi è sembrato che la nostra ultima lezione abbia rappresentato qualcosa di più del “semplice” apprendere attraverso le spiegazioni e i laboratori in atelier. Questa volta il lavoro è stato più che mai su di noi, ma soprattutto tra di noi. Ci siamo incontrati sabato mattina completamente scarichi, chi per un motivo e chi per un altro. Solo dopo la prima lezione con Roberto, seduti a tavola, ci siamo ritrovati, ognuno con se stesso e tutti con ognuno. Mi è sembrato come se il gruppo, dal momento che si riunisce, manifesti una sorta di sintonia, la stessa che serve per lavorare a teatro e cioè quella che permette di condividere e sentire l’energia tra i teatranti in scena. D’altronde il teatroterapeuta deve interfacciarsi costantemente con il “gruppo” e il modo migliore per capirne l’importanza è viverlo in prima persona. Ho avuto l’occasione di sperimentare tale fiducia nel gruppo quando domenica con Walter abbiamo lavorato sullo psicodramma. La possibilità di aprire la porta e lasciare che gli altri guardino, sapendo che nessuno irromperà dentro senza un esplicito consenso, è stata la prova che il nostro gruppo ha raggiunto un buon livello di equilibrio.
Mattia
...